La Rivista Italiana di Medicina Legale

La volontà politica di SIMLA in relazione alla Rivista è stata quella di attribuire al Presidente (attualmente il Prof. Francesco Introna) e al Segretario della SIMLA (ad oggi il Dott. Lucio Di Mauro), il ruolo di, rispettivamente Responsabile e di Viceresponsabile della pubblicazione.

Tutto ciò in relazione a un chiaro riferimento del ruolo insieme di responsabilità e di azione promotrice di SIMLA nei confronti di una pubblicazione storica che riprende vita e nuova linfa in seguito ad un’azione determinata ma estremamente faticosa e difficile promossa da tutto il Direttivo e, in particolare modo dal Dott. Di Mauro che ha trovato nella Prof.ssa Paola Frati una sponda essenziale per giungere all’obiettivo.

L'organigramma della Rivista

L’organigramma della “nuova Rivista Italiana” vede in qualità di direttori operativi, per la parte medico-legale, la Prof.ssa Paola Frati, Ordinario di Medicina Legale dell’Università La Sapienza di Roma, il Prof. Domenico De Leo, Ordinario di Medicina Legale dell’Università di Verona e per la parte giuridica, il Prof. Guido Alpa, Emerito di Diritto Civile dell’Università La Sapienza di Roma e il Prof. Bartolomeo Romano, Ordinario di Diritto Penale dell’Università di Palermo.

Alla Direzione si associa una vasta platea di grandi esperti della materia che fanno parte dei Comitati Scientifici e di Redazione delle due aree medico-legale e giuridica nonché i membri del Comitato Scientifico di Valutazione e dei Senior Consultant, i cui nomi troverete nelle prime pagine della rivista.

GLI ARTICOLI DEL FASCICOLO 1-2/2024

  • Il vincolo della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale: un paradosso nella legittimità della morte volontaria medicalmente assistita? Dichiarazione bioetica e panoramica della letteratura alla luce dell’ultima pronuncia della Corte costituzionale

    Marco Albore, Letizia Sorace, Sossio Del Prete, Ginevra Bolino, Raffele La Russa, Giorgio Bolino
    La legalizzazione della Morte Volontaria Medicalmente Assistita (MVMA) sembra destinata a diffondersi, in quanto si riconosce nella tutela del diritto all’autodeterminazione del paziente un fulcro dell’attività del medico, anche a fronte di scelte estreme di desistenza terapeutica. La Legge n. 219/2017 ha incoraggiato questa visione, fornendo al paziente la possibilità di scegliere di andare incontro alla morte attraverso l’interruzione terapeutica, finanche dei trattamenti di sostegno vitale (TSV), senza che tale scelta sia in contrasto con i beni costituzionalmente tutelati. Due note pronunce della Corte costituzionale (ordinanza n. 207/2018 e sent. n. 242/2019) hanno segnato un punto di svolta giuridico, bioetico e clinico, sollecitando l’apertura verso un cambiamento del paradigma della relazione di cura. Tuttavia, questi spiragli, se da un lato appaiono ancora timidi, a fronte del perdurante vuoto normativo nel settore, dall’altro mostrano alcuni profili di criticità, il maggiore dei quali è rappresentato da uno dei quattro requisiti individuati: la dipendenza da TSV (DSTV). Vengono esaminate altre principali sentenze della Giurisprudenza in merito, dalla sentenza della Corte D’Assise di Massa del 27/07/2020, alla più recente ordinanza n° 32/2024 del GIP di Firenze, nonché la sentenza del 18/07/2024 n. 135 della Corte costituzionale, che ha riconfermato quanto già noto in merito alla legittimità costituzionale dell’articolo 580 c.p. e rafforzato la validità della definizione estensiva dei TSV formulata nel 2020. Sono trattati anche i recenti pronunciamenti della CEDU (Karsai v. Hungary) e del CNB (parere 20.6.24), vertenti sul tema e le loro possibili ripercussioni sul panorama italiano. Attraverso anche una panoramica della letteratura internazionale, i TSV vengono analizzati e valutati in termini clinici, bioetici, di valore come requisito di accesso alla MVMA anche in ottica comparativa rispetto agli altri principali ordinamenti esteri.
  • Interruzione volontaria di gravidanza: un tema ancora dibattuto in Italia e nel mondo.

    Paola Frati, Raffaele La Russa, Nicola Di Fazio, Gianpietro Volonnino, Gianluca Scarchillo, Luca Di Donna
    L’interruzione volontaria di gravidanza è uno dei temi più discussi e controversi nel panorama politico e sociale di ogni Paese, in quanto argomento complesso che coinvolge diritti umani, questioni etiche e morali, nonché decisioni personali e le continue istanze volte a modificarne la disciplina in senso estensivo o restrittivo dimostrano che si tratti ancora di una questione aperta. In Europa, nel corso dei decenni, si è assistito nei vari Stati a numerose riforme, referendum e altre iniziative che hanno portato ad un quadro normativo che vede realtà assai differenti tra loro, anche in termini storico-culturali. Il presente lavoro si propone di analizzare la disciplina dell’interruzione volontaria della gravidanza in chiave di diritto comparato, analizzando i sitemi giuridici in Europa e negli Stati Uniti, al fine di fornire un quadro completo degli aspetti problematici sottesi a questi differenti contesti e comprendere dunque le ragioni che ne sono alla base.
  • Una riflessione comparata su imputabilità ed insanity defense a partire dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti Kahler v. Kansas

    Alice Giannini
    Saper distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato è una delle colonne portanti della capacità di intendere e di volere. Questo modello è stato messo in discussione nel sistema statunitense dalla sentenza della Corte Suprema James K. Kahler v. Kansas del 23 marzo 2020. La Corte Suprema ha sancito che nel sistema giuridico statunitense non c’è un principio di rango costituzionale che imponga una formulazione “minima” di insanity defense tale da includere la facoltà di discernimento morale. Lo stato del Kansas ha infatti adottato nel 1996 il c.d. mens rea approach, abbandonando formulazioni dell’insanity defense ben più diffuse (ad es. il M’Naghten test). Secondo tale costrutto, la presenza di una malattia mentale può assumere rilevanza solo ove escluda la sussistenza dell’elemento soggettivo, nella formulazione prevista dalla singola fattispecie di volta in volta applicabile. In quest’ottica, lo scritto si propone di analizzare le valutazioni sviluppate in tale sentenza e fornire alcuni spunti di riflessione sui punti di incontro, e non, della disciplina del folle reo in Italia e negli Stati Uniti. Si dialogherà, in un’ottica comparata, con due “titani” della scienza penalistica: l’istituto dell’insanity defense negli Stati Uniti e quello dell’(in)imputabilità in Italia. Per condurre questa indagine sarà necessario innanzitutto inquadrare, a livello dogmatico, l’istituto dell’insanity defense nel panorama statunitense, nonché dar conto del significato mutevole del termine mens rea. Sulla base di tali rilievi verranno poi sviluppate alcune osservazioni critiche in merito all’interpretazione ristretta del concetto di “colpevolezza” sviluppatosi negli Stati Uniti ed espresso nella sentenza analizzata.
  • La medicina legale come scienza di metodo tra la trasfigurazione causale e la nuova euristica dell’errore

    Simone Grassi, Giuseppe Vetrugno, Antonio Oliva
    La Medicina Legale è un settore poliedrico della conoscenza umana, che trova un’identità unificante nel metodo e nell’approccio logico ai problemi piuttosto che nelle mere finalità applicative. La definizione classica è legata allo studio dei rapporti causali in ambito bio-sanitario, ma la Medicina Legale ha affrontato molti radicali cambiamenti negli ultimi anni. Non definire in maniera chiara gli orizzonti della disciplina, espone soprattutto al rischio di eclissare delle prospettive evolutive fondamentali per preservare la sua centralità. In conclusione, la principale sfida pare rappresentata dal sovvertire la visione classica, ridefinendo il paradigma dell’errore alla luce delle nuove tecnologie ed inserendosi nella filiera dell’in- telligenza artificiale per proiettarsi nel futuro.
  • Spunti per una riflessione dottrinale sulle medical humanities applicate alla medicina legale - parte prima

    Vittoradolfo Tambone, Laura Leondina Campanozzi Francesco De Micco
    Negli ultimi decenni è cresciuto l’interesse per l’integrazione delle discipline umanistiche nei programmi di studio in medicina, poiché si ritiene che queste formino medici migliori sviluppando virtù umane essenziali come empatia e compassione. Le competenze umanistiche, interconnesse e individualizzate, sono cruciali per una pratica clinica efficace, andando oltre le semplici soft skills e includendo abilità esistenziali. Questo approccio è riflesso nell’aumento dei programmi di Medical Humanities, che mirano a formare “Medici Divergenti” capaci di combinare diverse virtù umane per migliorare la cura e la società. Nel presente lavoro, gli Autori delineano il ruolo delle Medical Humanities nella formazione medica, mostrando come queste possano migliorare il pensiero creativo e intuitivo degli operatori sanitari, affinare abilità fondamentali come il giudizio e l’empatia, e aumentare il rispetto per l’umanità dei pazienti. Essi evidenziano che l’approccio deve adattarsi ad alcune variabili come il tipo di studente e la fase della formazione, e che l’insegnamento pratico, il tutoraggio personale e le esperienze sul campo sono metodi efficaci per approfondire la formazione umanistica. In un lavoro successivo, gli Autori illustreranno il ruolo delle Medical Humanities nella formazione degli specialisti in Medicina Legale.
  • Dieselgate, Climate change e diritti della persona. Un diritto giurisprudenziale composito

    Guido Alpa
    Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide globali del XXI secolo e postula l’assunzione di obblighi da parte degli Stati e l’adozione di regole di comportamento da parte dei privati. La configurazione di nuovi diritti e interessi ha richiesto l’implementazione di specifiche forme di tutela all’interno degli ordinamenti giuridici nazionali e sovranazionali, attraverso l’attivazione di meccanismi di intervento sia amministrativi sia giudiziali. Lo studio del contenzioso in materia di cambiamento climatico restituisce un quadro giuridico particolarmente complesso e variegato, ove il diritto privato e il diritto pubblico si intrecciano in modo indissolubile.
  • I regimi di responsabilità applicabili ai danni derivanti dai prodotti farmaceutici

    Luca Di Donna
    La specificità tecnico-scientifica che contraddistingue i prodotti facenti parte del settore farmaceutico ha indotto il legislatore europeo ad adottare con la direttiva n. 85/374/CEE una vera e propria scelta di policy legislativa in tema di c.d. rischio di sviluppo. Si tratta infatti di un settore in cui devono essere attentamente bilanciate l’esigenza di tutela dei consumatori, da un lato, e la necessità di favorire l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti, dall’altro. La complessità sottesa a tale bilanciamento è ben riflessa nella giurisprudenza, la quale si è divisa nel ricondurre la responsabilità del produttore di farmaci all’interno della più generale responsabilità extracontrattuale del produttore ex d.P.R. n. 224/1988 e d.lgs. n. 206/2005, in luogo del regime di responsabilità previsto per l’esercizio di attività pericolose ex art. 2050 c.c.
  • Intelligenza artificiale e contratti di investimento nel settore sanitario

    Silvia Segnalini
    In un contesto in cui la regolamentazione dei mercati finanziari si presenta sempre più articolata e foriera di cambiamenti di prospettiva, l’operatore del diritto può essere indotto a percepire come impellente l’emersione di regole nuove e inevitabile la ridefinizione di categorie del diritto. Ma è davvero necessario complicare concettualmente il sistema? Il presente lavoro intende proporre una prima riflessione sull’im- patto del FinTech sulla validità e attualità delle categorie tradizionali e sul ruolo del gestore. In particolare, l’analisi verrà condotta mediante l’approfondimento di due casi specifici: la gestione di portafogli e relativi contratti con l’intervento di un robo-advisory (o robo for advisory) e i contratti di investimento nel settore sanitario.
  • Riflessioni sulla responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria dopo la Legge Gelli-Bianco

    Marika Schiavo
    Il contributo, nel fare il punto sullo stato dell’arte dopo la l. 8 marzo 2017, n. 24, nota come legge Gelli-Bianco, riflette sulla responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria, anche alla luce del c.d. scudo penale milleproroghe, delle ultime proposte di legge e della costituzione della Commissione d’Ippolito.
  • Evoluzione giurisprudenziale in materia di risarcimento del danno non patrimoniale

    Vincenzo Vietri
    A quasi un decennio dalle sentenze di San Martino, la Suprema Corte nella nota sentenza “Decalogo” è tornata ad affrontare il tema del danno non patrimoniale, analizzando la natura dei pregiudizi dinamico- relazionali ed il rilievo che questi possono assumere ai fini della personalizzazione del danno biologico. Viene affermato, in particolare, che il danno dinamico-relazione non è affatto diverso dal danno biologico e che la c.d. personalizzazione del danno trova luogo solamente in presenza di circostanze specifiche, debitamente provate, tali da causare al soggetto leso un pregiudizio diverso e maggiore rispetto a quello che normalmente subirebbe qualunque vittima di lesioni analoghe. Inoltre, discostandosi dalle sentenze di San Martino, la Corte ha affermato l’autonomia ontologica del danno morale, in quanto danno diverso e pertanto singolarmente risarcibile. Nell’anno 2024 la Suprema Corte torna sul punto precisando che la personalizzazione del danno dinamico-relazionale non può andare oltre il limite imposto dalla legge cogente precisando ancora una volta la portata delle Tabelle milanesi.
  • La responsabilità amministrativo-contabile per la prescrizione di farmaci da parte del medico di medicina generale: una revisione della giurisprudenza della Corte dei conti

    Daniela Marchetti, Paola Maddalena Ferrari, Luca Mezzelani, Francesca Perna, Francesca Giannini, Giuseppe La Monaca, Antonio Oliva
    Il presente lavoro affronta il problema del danno erariale correlato all’attività del medico di medicina generale di prescrizione di farmaci rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale. Tale attività è oggetto di controllo da parte della Azienda sanitaria in accordo con il contratto collettivo nazionale per la medicina generale. In caso di valutazione negativa, il medico ha l’obbligo di rimborsare i farmaci indebitamente prescritti. Se non provvede a quanto richiesto, scatta la denuncia alla Procura della Corte dei Conti. Gli autori, dopo essersi soffermati sugli aspetti normativi e sulle modalità di accertamento da parte della azienda sanitaria, si sono focalizzati sulla giurisprudenza della Corte dei Conti allo scopo di comprendere se, ed in che termini, i criteri valutativi di cui al contratto collettivo sull’appropriatezza prescrittiva dei farmaci trovano corrispondenza nell’ambito delle responsabilità amministrativo-contabile.
  • Violenza a danno dei professionisti della salute: ruolo e responsabilità del direttore di struttura complessa

    Fabio Cembrani, Mariano Cingolani, Marzia Fede, Piergiorgio Fedeli
    Gli Autori analizzano l’allarmante fenomeno della violenza contro i professionisti della salute segnalando il suo trend in continuo incremento in tutti i Paesi pur a fronte di indicatori statistici parziali e sicuramente incompleti. Analizzano, poi, quali sono state le misure repressive adottate dall’Italia per contenerlo prima di focalizzarsi sulle azioni preventive di contenimento del rischio che possono e devono essere messe in atto perché le prime, da sole, pur essendo utili a contenere l’ansia dei professionisti della salute, non sono certo in grado di arginare questa emergenza. Per discutere, infine, qual è il ruolo che, nella catena della responsabilità prevenzionale. deve essere esercitato dal Direttore di struttura complessa al quale la norma affida precisi doveri anche riguardo alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
  • Possibili errori e distorsioni in tema di valutazione di minori resi orfani dopo un femminicidio: riflessioni medico legali, psicologico e psichiatrico forensi

    Maricla Marrone, Fortunato Pititto, Giuseppe Pulin, Roberta Risola, Maria Grazia Violante, Ignazio Grattagliano
    La sovrapposizione tra l’approccio valutativo e l’approccio assistenziale nei casi di minori coinvolti in tragedie familiari rappresenta un tema cruciale che richiede attenta considerazione. Tale sovrapposizione può generare problemi significativi, minacciando l’integrità psicologica dei minori e la validità delle prove raccolte per fini legali. Prendendo spunto dallo studio di un caso specifico, l’articolo esplora le complessità e le implicazioni di questa sovrapposizione, offrendo spunti di riflessione su come affrontare efficacemente tali situazioni. In questo lavoro gli Autori esaminano l’omicidio di una donna-madre da parte del marito-padre, avvenuto in presenza dei due figli minori. Questo tragico evento ha posto in evidenza la necessità di un’azione tempestiva e mirata da parte degli operatori sanitari e legali. Da un lato, gli operatori del Centro di Gestione del Trauma hanno fornito supporto psicologico ai minori, creando uno spazio sicuro per esprimere le proprie emozioni e iniziare il processo di guarigione. D’altro canto, gli inquirenti hanno raccolto testimonianze e prove per il processo, tra cui il lavoro ed il materiale raccolto dagli stessi operatori sanitari per fini assistenziali e terapeutici. La sovrapposizione tra questi due approcci ha sollevato diverse sfide, evidenziando la necessità di una maggiore consapevolezza e coordinamento tra i professionisti coinvolti. La corretta gestione di casi simili richiede una chiara distinzione tra l’approccio valutativo e l’approccio assistenziale. È essenziale che gli operatori sanitari si concentrino sul benessere e sulla guarigione dei minori, evitando di influenzare involontariamente le loro testimonianze per fini legali. Allo stesso modo, gli inquirenti e gli operatori da essi incaricati, devono assicurarsi che le prove raccolte siano accurate e affidabili, preservando al contempo l’integrità psicologica dei minori coinvolti. Questo equilibrio delicato richiede una comunicazione aperta e una collaborazione stretta tra i profes- sionisti dei settori sanitario e legale. In conclusione, la sovrapposizione tra l’approccio valutativo e l’approccio assistenziale nei casi di minori coinvolti in tragedie familiari rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio olistico e multidisciplinare. È fondamentale che gli operatori sanitari e legali comprendano i rischi e le implicazioni di tale sovrapposizione e lavorino insieme per garantire il benessere e la protezione dei minori coinvolti. Solo attraverso una stretta collaborazione e una riflessione critica sulle pratiche professionali adottate, possiamo sperare di affrontare efficacemente queste situazioni delicate e garantire una giustizia equa e compassionevole per tutti i soggetti coinvolti. Il rigoroso rispetto delle linee guida sull’ascolto dei minori in ambito giudiziario che riportiamo nel nostro contributo, elaborate tra l’altro con il contributo decisivo, ed in un caso anche con il coordinamento dei lavori, da esperti e società scientifiche, tra cui spiccano la Società Italiana di Medicina Legale e la Società Italiana di Criminologia, rappresentano un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli operatori che interagiscono e devono occuparsi di casi di questo genere.
  • La disciplina del fine vita dopo la sentenza n. 135 del 2024 della Corte costituzionale

    Carmelo Domenico Leotta
    Lo scritto prende in esame la disciplina del fine vita in Italia, dopo la sentenza n. 135 del 2024 della Corte costituzionale che dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., sollevate con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 32, 117 Cost., quest’ultimo in riferimento agli artt. 8 e 14 C.E.D.U. L’autore si sofferma, in particolare, sulla nozione di trattamento di sostegno vitale fornito dalla sentenza e ne analizza lo sforzo definitorio. Nella parte finale, approfondisce la questione dei vincoli imposti dalla Corte costituzionale al legislatore nella prossima possibile disciplina sul fine vita e prospetta che la legalizzazione del suicidio assistito non rappresenti un’opzione obbligata per il Parlamento italiano.
  • Tutti muoiono soffrendo? Danno non patrimoniale terminale. Una questione prioritariamente medico-legale

    Maricla Marrone, Benedetta Pia De Luca, Pierluigi Caricato, Laura Marrone, Ettore Gorini, Ignazio Grattagliano, Alessandro Dell’Erba
    Il percorso ermeneutico relativo alla risarcibilità del danno derivante da fatto illecito che realizzi la morte di un soggetto è ampio e non scevro da divergenze interpretative dottrinarie e giurisprudenziali. Nell’ipotesi in cui si verifichi il decesso del danneggiato, infatti, si determina una propagazione delle conseguenze pregiudizievoli dell’evento che produce effetti sui superstiti della vittima primaria, i quali possono agire dinanzi al Giudice chiedendo il risarcimento dei danni. Tra i danni non patrimoniali patiti iure hereditatis, rientra il danno terminale che – allo stato attuale – si fonda sul principio di unitarietà ed omnicomprensività, enunciato dalle Tabelle Milanesi pubblicate nel 2018, tale per cui all’interno di tale posta di danno debbono ritenersi ricompresi gli aspetti biologici e sofferenziali connessi alla percezione della morte imminente. Gli Autori propongono quindi a valle di una riflessione sul tema, un criterio della quantificazione del risarcimento del danno terminale, mediante uno studio retrospettivo, nel quale sono state analizzate le motivazioni di 55 sentenze dei Tribunali italiani, presenti sul Portale dei Servizi Telematici (PST) del Ministero della Giustizia. Sono stati approfonditi le modalità risarcitorie del danno non patrimoniale ed i parametri di riferimento nella determinazione del “quantum debeatur”, se questi siano omogenei sul territorio nazionale e se, a seguito della pubblicazione delle Tabelle Milanesi, sia stata raggiunta l’auspicata uniformità liquidatoria di tale posta di danno. È possibile cercare – nei limiti del tecnicamente “consentito” – di parametrizzare/graduare scientifica- mente gli aspetti sofferenziali terminali? Può un Giudice decidere soggettivamente da solo quanto “paga” la percezione di una morte imminente? Ha tutti gli elementi tecnici idonei per monetizzare il valore degli ultimi giorni di vita conseguenti ad un illecito? Acclarata la disomogeneità nel sistema valutativo dei Giudicanti e con l’intento, di “oggettivizzare” la valutazione di tale posta di danno, gli Autori hanno voluto proporre alcuni criteri, che siano fruibili e di semplice applicazione, al fine di coadiuvare il Giudicante nell’arduo compito di attribuire un “valore alla sofferenza che precede la morte”.
  • Leggi delega in materia di disabilità e non autosufficienza e decreti attuativi: nuovi scenari valutativi per medici legali e spunti di riflessione

    Paola Ciamarra, Antonietta Porzio, Camilla Tettamanti, Graziamaria Corbi, Francesca Gimigliano, Antonella Argo, Carlo Pietro Campobasso
    In Italia è in corso una riforma del sistema di tutela della disabilità, finalizzata a garantire l’inclusione sociale e il ripristino dell’autonomia di vita. Gli Autori illustrano le problematiche valutative e procedurali delle Leggi delega in materia disabilità (Legge 227/2021) e non autosufficienza (L. 33/23) alla luce dei primi decreti attuativi licenziati (D.Lgs. 62/24 e D.Lgs. 29/24). Al modello proposto nel 2006 dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, si ispira la riforma prevista dalla Legge del 22 Dicembre 2021, n. 227 (“Delega al Governo in materia di disabilità”), atta a promuovere l’integrazione delle persone con disabilità e a consentirne il pieno esercizio dei diritti civili e sociali. La Legge delega 227/2021 si propone di dare attuazione ad un approccio nuovo alla disabilità, di tipo bio-psico-sociale che sostituirà il vecchio schema assistenziale basato sulla menomazione. La disabilità andrà così intesa come il risultato dell’interazione tra la persona e le barriere ambientali e comportamentali. Con il D.Lgs. n. 62 del 03.05.2024 si è provveduto a dare una nuova definizione della disabilità, eliminando la vecchia terminologia di persona handicappata, attraverso la riformulazione del corpo normativo dell’art. 3 della Legge 104/92. È stata introdotta la semplificazione delle procedure accertative in un’unica visita collegiale che prevederà una valutazione di base finalizzata al riconoscimento della condizione di disabilità e necessità di sostegno (attraverso l’uso di classificatori internazionali delle malattie e del funzionamento e questionari in grado di rivelare il livello di autopercezione della disabilità quale forma di partecipazione diretta della persona), seguita da una eventuale valutazione multidimensionale, finalizzata all’elaborazione ed attuazione del progetto di vita personalizzato, avuto riguardo delle barriere e dei facilitatori presenti nei diversi contesti. Il riferimento normativo per la valutazione delle persone anziane non autosufficienti è invece la Legge delega del 23 marzo 2023, n. 33 recante “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”. La ratio di questo intervento normativo consiste nell’applicazione dell’approccio valutativo multidimensionale anche nella valutazione degli anziani non autosufficienti e nel rafforzamento dei servizi sociali territoriali per la prevenzione dell’istituzionalizzazione ed il mantenimento dell’autonomia di vita. Con il D.Lgs. n. 29 del 15.03.2024 si propone il riordino, la semplificazione e il coordinamento delle attività di assistenza socio-sanitaria per le persone anziane non autosufficienti e la valutazione multidimen- sionale unificata rinviando a successivi decreti attuativi gli strumenti e le modalità di funzionamento delle unità di valutazione. Le disposizioni operative incluse nei decreti sembrano colmare le lacune di un sistema di tutela frammentario. Restano, tuttavia, numerosi interrogativi circa la concreta realizzazione del nuovo modello proposto.

Significato della procedura

La procedura ha la finalità di rendere certo il processo di pubblicazione degli articoli giunti via email alla redazione della rivista, così stabilendo compiti, responsabilità e tempi di attuazione ed evitando al contempo ritardi oppure disguidi o frammentazione del lavoro propedeutico alla pubblicazione degli elaborati.

La procedura consente all’intera Redazione, che ha la responsabilità ed il compito di favorire la diffusione della rivista, di gestire e di prevenire eventuali difficoltà potenzialmente in grado di ritardare la pubblicazione degli articoli pervenuti e/o l’uscita del numero della Rivista.

La procedura permette, altresì, anche ai revisori degli articoli di usufruire di una metodologia certa da applicare ai singoli lavori sottoposti alla loro attenzione, così da agevolarne la valutazione anche sotto il profilo dell’aderenza alle norme editoriali.

La procedura è suddivisa in fasi, sottofasi e moduli di controllo.

È quindi necessario che ogni soggetto attivo partecipante alla valutazione e verifica degli elaborati giunti e dell’aderenza alle norme editoriali si attenga alla seguente procedura di gestione.

Mail per invio dei lavori

Articoli di medicina legale

Articoli di area giuridica civilistica

Articoli di area giuridica penalistica

Qui le schede PDF (allegato 1 e 2) che i referee dovranno completare per la valutazione dell’articolo inviato:
Norme editoriali adottate dalla “Rivista Italiana di Medicina Legale e del Diritto in Campo Sanitario”

Rivista Italiana di Medicina Legale: come si pubblica

FASE 1

Ricezione del lavoro e valutazione di interesse

1

Ricezione via email

Ricezione via email all’indirizzo per ognuna della tre aree (Giuridico civilistica, Giuridico penalistica, Medico legale; vedi le mail più sotto a sinistra nel box blu);

2

Caricamento

Caricamento su Drive elettronico dell’articolo;

3

Invio dell'articolo

Invio dell’articolo ad uno dei Direttori della Rivista (per l’Area Medico Legale: Domenico De Leo, Paola Frati)

4

Giudizio di pubblicabilità

Giudizio di pubblicabilità / interesse dell’elaborato e comunicazione ai Segretari di Direzione con individuazione del referee.

FASE 2

Invio del lavoro al referee

1

Nel caso in cui il Direttore ritenga non pubblicabile il lavoro, i Segretari di Direzione danno immediato avviso all’Autore/i;

2

Nel caso in cui il Direttore ritenga pubblicabile il lavoro, i Segretari comunicheranno al referee individuato dal Direttore se desidera procedere al lavoro di revisione, indicando i tempi di consegna (30 giorni);

  • Il referee rifiuta l'incarico. Segue comunicazione al Direttore che provvede all’individuazione di un nuovo referee. Segue nuova FASE 2 b)
  • Se vi è invece l'accettazione del referee, i Segretari gli invieranno il lavoro in formato word, omettendo gli Autori e le afferenze, allegando la scheda di valutazione complessiva e la scheda di valutazione redazionale del lavoro, ricordando la scadenza entro cui restituire le due schede da compilare.

FASE 3

Ricezione della valutazione e comunicazioni all’Autore

1

I Segretari prendono visione della valutazione del referee e verificano che le schede siano state compilate in ogni loro parte;

2

Se le schede sono complete si considera se:

  • Il referee ritiene non pubblicabile il lavoro: i Segretari comunicano ai Direttori e, sentito il loro parere, comunicano all’Autore/i l’esito negativo;
  • Il referee ritiene pubblicabile il lavoro senza correzioni: i Segretari caricano su apposito Drive elettronico il nuovo lavoro e quindi lo inviano all’Editore per la conversione in bozza;
  • Il referee ritiene pubblicabile il lavoro, ma con correzioni anche di natura editoriale: i Segretari comunicano all’Autore/i il parere, dando i termini per le relative correzioni (30 giorni);
    • Il lavoro corretto giunge entro i termini: verifica da parte dei Segretari e si procede come FASE 3 b2);
    • Il lavoro non giunge entro i termini: i Segretari comunicano all’Autore l’impossibilità di procedere e l”impossibilità di pubblicazione nel numero più prossimo della Rivista;
3

Se le schede non sono complete si sollecita il referee a procedere, dando una nuova scadenza;

  • A scadenza il referee restituisce le schede (allegato 1 e 2) complete e si procede come FASE 3 b)
  • A scadenza il referee non restituisce la scheda di valutazione: i Segretari provvedono a comunicare ai Direttori la carenza. Quest’ultimi nomineranno un nuovo referee e quindi si procederà come per la FASE 2 b)
  • A scadenza il referee non restituisce la scheda di valutazione editoriale (allegato 2) i Segretari colmano la carenza e poi si procede come FASE 3 b)

FASE 4

Ricezione della valutazione e comunicazioni all’Autore

1

Esaurite le FASI precedenti si verifica che tutti i lavori completi di referaggio siano stati caricati sul Drive e nella lista dei lavori completati per essere poi inviati all’Editore;

2

Giunte le bozze dall’Editore si procedere con ulteriore verifica;

3

Si comunicano eventuali variazioni all’Editore;

4

L’Editore invia il numero in bozza per l’approvazione da parte della Redazione e dei Direttori

Il tuo attestato di Iscrizione a Simla