La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza 3627/2022 del 21/01/2025 ritorna a specificare il valore del consenso/dissenso informato nell’ambito delle prestazioni sanitarie.
Abbiamo già avuto modo di portare all’attenzione dei nostri lettori uno schema al riguardo derivato dalla lettura di una ordinanza della Suprema Corte.
Con q pronuncia gli Ermellini mettono in luce il principio del dissenso all’interno degli oneri probatori allorquando un paziente richiede il risarcimento del danno in conseguenza di una violazione del diritto all’autodeterminazione.
Il fatto
Un paziente propone ricorso per cassazione in quanto vede negata la sua richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale e da violazione del diritto all’autodeterminazione sia in primo grado che in appello, dopo due consulenze tecniche di ufficio.
Il caso riguarda un intervento chirurgico addominale effettuato per un reflusso gastroesofageo per il quale il paziente aveva rilasciato il proprio consenso informato per effettuare una rimozione di plastica gastrica antireflusso e una anastomosi gastro digiunale. Tuttavia, nel corso dell’intervento l’equipe chirurgica, in luogo di quanto programmato, eseguì un altro intervento maggiormente invasivo: una resezione subtotale dello stomaco e della cistillea.
In ragione di tanto e dei seguenti disturbi lamentati in conseguenza, il paziente richiedeva il risarcimento del danno in virtù del fatto che l’intervento maggiormente invasivo non aveva prodotto alcun risultato migliorativo, non era giustificato da una condizione di urgenza, ma aveva avuto come esito un quadro peggiorativo che richiese un secondo intervento demolitivo quattro anni più tardi.
Nei due gradi di giudizio, il paziente vide rigettata la sua domanda, in quanto i tribunali non ritenevano provato che l’attore, ove fosse stato informato dell’esecuzione di un intervento maggiormente demolitivo, avrebbe rifiutato il suo consenso. Anzi, in sede di appello la sentenza, impugnata in Cassazione, affermava “preliminarmente che non esiste un danno in re ipsa da omessa informazione”.
Il ricorso in Cassazione, articolato in quatto motivi trovò però accoglimento, soprattutto grazie al primo e al quarto motivo, mediante i quali gli Ermellini cassavano la sentenza di appello e rinviavano ad altra sezione.
I motivi della posizione della Suprema Corte
Il ricorrente sosteneva che la Corte di Cppello non aveva considerato che l’intervento eseguito era inutile al fine di trattare la problematica principale di salute, ossia quella di risolvere il reflusso gastrico, come evidenziato nella prima CTU.
Inoltre, l’intervento effettuato era del tutto diverso rispetto a quello programmato.
Con il quarto motivo, il ricorrente sosteneva una erronea applicazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova.
Gli Ermellini sottolineavano come la Corte di appello non avesse approfondito il profilo dell’inutilità dell’intervento, fermandosi alla mancanza di prova, da parte del paziente, del suo rifiuto se fosse stato proposto un diverso intervento.
Gli oneri probatori
Nel caso specifico, secondo l’ordinanza, non grava sul paziente l’onere di provare che non avrebbe acconsentito all’intervento, ove fosse stato informato dai medici del più complesso intervento, ma tale onere grava sulla struttura sanitaria controricorrente.
Tale statuizione non deve cogliere impreparati in quanto il contesto, ossia la situazione di fatto ricostruita nel processo e portata all’attenzione della Suprema Corte, un dato importante: il paziente è stato sottoposto a sua insaputa e fuori da una situazione di urgenza ad un intervento ben più complesso ed invasivo di quello programmato e consentito.
Tale dato è ancora più importante in quanto mai contestato dalle parti e quindi, di conseguenza, è da considerarsi pacifico ed innegabile.
Il dissenso presunto
Sulla base di tanto la Suprema Corte così si è espressa in merito al principio del dissenso presunto:
Al contrario, a fronte della allegazione della paziente che il suo consenso sarebbe stato circoscritto a quanto programmato e non oltre, era a carico della struttura l’onere di provare che ella avrebbe dato il consenso al secondo è più invasivo intervento, non necessitato dall’urgenza, in quanto a fronte della violazione del dovere di autodeterminazione, opera il principio del dissenso presunto del paziente in relazione a tutto ciò che si pone al di là e al di fuori rispetto ai trattamenti medico chirurgici che abbia consentito di effettuare sul proprio corpo, a meno che – e non è questo il caso – il diverso e più invasivo intervento sia giustificato da una situazione di urgenza.
Alcune considerazioni
Più lezioni discendono dalla presente ordinanza:
- Sono le allegazioni che muovono e regolano il processo tra le parti e gli oneri probatori;
- Il consenso informato delinea l’ambito di azione del medico-chirurgo, il cui agire sottostà al principio di autodeterminazione del paziente;
- Là dove non vi sono condizioni di urgenza vige sempre il dissenso presunto del paziente ed in condizioni di elezione nulla può porsi oltre e al di fuori del consenso;
- L’unica scriminante al principio del dissenso presunto è una condizione di urgenza;
Allora possiamo delineare alcuni indirizzi in merito al rapporto di cura e fiducia del paziente:
- Nel consenso informato per interventi elettivo dovrebbero essere incluse anche le variazioni dei programmi chirurgici, se prevedibili ex ante;
- Rendere edotto il paziente che vi potrebbero essere casi di urgenza che richiedono un intervento maggiormente invasivo o un altro programma terapeutico e, in tal caso, il paziente deve essere informato degli esiti derivanti da tali variazioni;
- Solo casi di urgenza giustificherebbero variazioni del programma terapeutico;
Infine, nel terzo caso cosa si dovrebbe intendere per “urgenza” in caso di programma terapeutico chirurgico?
Lasciamo a Voi lettori inviarci i vostri pensieri al riguardo. Buon lavoro.
Qui sotto potete leggere e scaricare l’intera ordinanza