La sfida non è da poco e certamente a Te lettore l’arduo compito di tradurre il titolo, per quanto due aiuti sono a tua disposizione. Il primo è l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 22888/2024 del 16.08.2024. Il secondo lo trovi al fondo di questo breve contributo.
Questa volta gli Ermellini ci spingono a riflettere su aspetti per come dire “triti e ritriti”, ma sembra che non sia mai sufficiente richiamare alla mente un vecchio brocardo latino “repetita iuvant”, e altri che puntano al futuro e ci fanno rendere conto di come l’Intelligenza Artificiale (IA), se usata con intelligenza appunto, sia uno strumento di unità tra i popoli.
Il fatto
Questa volta il fatto reale, verificatosi ben prima dell’entrata in vigore della Legge 219/2017, che ha dato origine al fatto giuridico è un danno gravemente invalidante che deriva da una ritardata e non corretta profilassi antitetanica in una paziente straniera che, a causa di una ferita, si era recata in pronto soccorso.
Da quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza della Cassazione la barriera linguistica era “insormontabile” in quanto la paziente non parlava italiano ed i parenti non risultavano raggiungibili per coadiuvare la paziente ed il medico di pronto soccorso nel trasmettere le informazioni di natura clinica proprio in merito ai rischi derivanti dalla somministrazione di immunoglobuline antitetaniche, per le quali è richiesto il consenso informato, ma anche i rischi correlati alla mancata/tardiva iniezione.
Pertanto, la paziente dopo la sutura in anestesia locale era rinviata alla struttura sanitaria di territorio per completare il percorso di cure e l’immunizzazione e la vaccinazione antitetanica. Tuttavia, la signora risulterebbe che si sia recata in ritardo presso gli ambulatori di zona e ciò comportò la comparsa di un danno correlato all’infezione tetanica.
La decisioni della Suprema Corte
Gli Ermellini cassano la sentenza della Corte di appello, che annullava la sentenza di primo grado che condannava al risarcimento i convenuti, in quanto ritenuta contraddittoria, non condividendo un concorso di colpa della paziente per la ritardata vaccinazione antitetanica, né riconoscendo l’assoluta impossibilità di adempiere da parte del sanitario coinvolto, che avrebbe dovuto dimostrare di aver provato a spiegare alla paziente i rischi ed i benefici in merito alla propria condizione clinica.
Dall’ordinanza emerge che la difesa del medico di pronto soccorso, che si basava su reiterati tentativi di comunicazione in merito alla necessità della immunizzazione antitetanica, non risultava da alcun atto processuale atto a provarla e la scusante della barriera linguistica contrastava con la praticata sutura e anestesia locale per trattare la ferita lacero contusa, in quanto entrambe avrebbero comunque richiesto un consenso da parte della paziente.
Inoltre, dai dati contenuti nell’ordinanza viene a galla che la paziente fosse anche affetta da un decadimento cognitivo.
Gli Ermellini rilevano che non è dato atto dai documenti processuali di un dialogo tra paziente e medico.
Qui potete leggere e scaricare l’intera ordinanza della Suprema Corte:
Qualche considerazione sulla barriera linguistica come “rischio clinico”
Sebbene i fatti ricadano ben prima della legga 219/2017 e dell’esplosione della Intelligenza Artificiale, il fatto giudico è assai emblematico per alcuni aspetti, che qui si vogliono solo elencare:
- La comunicazione tra medico e paziente è (ma lo era anche prima) un vero e proprio rapporto di cura;
- La dimostrazione di tale comunicazione, facente parte di un rapporto contrattuale, cade nella sfera degli oneri probatori del debitore, ossia della struttura sanitaria;
- La comunicazione, anche in virtù dell’art.1 della Legge 219/2017, è un rischio clinico da tener oggi in considerazione nella organizzazione di una struttura sanitaria;
- Esistono oggi molti mezzi che, in regime di pronto soccorso soprattutto, ben possono essere usati come gestione “immediata” del rischio anche senza ricorrere ad un mediatore culturale (dipende ovviamente dalle circostanze), perché facenti ormai parte della nostra vita quotidiana: traduttori on line, preparazione di testi informativi multilingue, podcast multilingue, ricorrere ad IA in grado di fornire traduzioni;
- Scrivere, scrivere e scrive in cartella clinica di aver utilizzato tali sistemi, quando, come, quali e quale è stato il ritorno da parte del paziente.
La consapevolezza del paziente circa la barriera linguistica
Fatemi però spezzare una lancia a favore della nostra categoria: il paziente deve anche lui essere ben consapevole che la sua barriera linguistica è un rischio su di lui incombente ed anche lui, in virtù di quella “buona fede” citata nel nostro codice civile, deve essere parte attiva e pro-attiva nella gestione di una propria necessità sanitaria, senza poi sollevare “ipotetiche” incomprensioni sempre e solo in conseguenza di un inadempimento da parte di chi è lì al servizio di tutte le persone.
Quindi: “Lingua prego, lingua” (Sergente Epps. Transformers, 2007)