Abstract
Con questo articolo diamo avvio ad una serie di pubblicazioni su alcuni aspetti meno noti, ma per questo non meno intriganti, rimasti nascosti tra le pieghe della storia della criminalistica. Sarà un piccolo viaggio nel tempo per fare la conoscenza delle persone, delle loro storie di vita, delle loro idee e dei casi criminali che hanno segnato la nascita delle moderne scienze forensi. Una piccola indagine sul modo, misterioso ed affascinate, con cui la storia sceglie i suoi pionieri ed i suoi protagonisti.
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Parigi. La nascita della Sûreté.
Il viaggio parte da Parigi. Qui, dal 1811 Eugene Francois Vidocq, pluripregiudicato, più volte carcerato e più volte evaso, in cambio della libertà mette a servizio della polizia la propria esperienza per la repressione della criminalità che sta travolgendo la città. Alla testa di un gruppo di ex carcerati come lui, ottiene risultati straordinari e la sua organizzazione si struttura nella Sûreté, la polizia giudiziaria di Parigi, che Vidocq guiderà per oltre vent’anni.
Punto di forza di Vidocq è la conoscenza del mondo criminale e dei suoi appartenenti. I suoi uomini si infiltrano nelle maglie della società, in luoghi mai prima raggiunti dalle forze dell’ordine; periodicamente visitano le carceri e fanno marciare intorno a loro “in parata” i detenuti per imprimersi nella memoria i loro volti. Per ogni pregiudicato conosciuto viene allestita una scheda identificativa personale nella quale sono annotati le generalità, i precedenti penali, le condanne ma, soprattutto, la descrizione di connotati fisici e di elementi peculiari (cicatrici, tatuaggi ecc.). Occorrerà attendere il 1840 perchè nella scheda trovi posto l’immagine fotografica.
Vidocq da così vita ad un enorme archivio criminale nelle cui stanze, nel 1879, approda Alphonse Bertillon.
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Alphonse Bertillon (1853 – 1914)
Alphonse è un giovane scontroso, taciturno e solitario. Pallido e magro, lento e priva di espressività. Dopo un percorso scolastico disastroso e i tanti fallimenti nel tentativo di mantenere un impiego degno del suo illustre e colto lignaggio – figlio del noto medico e studioso di statistica Louis Bertillon, vicepresidente della società antropologica di Parigi e nipote del naturalista e matematico Achille Gaillard -, nel marzo del 1879 Bertillon viene collocato – grazie alle conoscenze del padre – come “scritturale” negli uffici della Sûreté, in Quai des Orfrevres.
Compito di Bertillon è quello di trascrivere sulle schede i dati personali dei criminali registrati durante le attività di polizia. A quel momento però il cumulo di informazioni è talmente vasto (oltre 80.000 schede!) che la sua gestione e la sua consultazione rappresenta un vero problema, rendendolo non facilmente fruibile per l’identificazione.
Solo qualche mese dopo la sua assunzione, traendo spunto dalle conoscenze statistiche ed antropologiche che, suo malgrado, aveva “respirato” fra le mura di casa, Bertillon comincia a confrontare fra loro le immagini degli schedari, raffrontando forme e misure dei tratti somatici, nella convinzione che possa essere costruito un metodo di lavoro per l’identificazione sicura: il tutto nell’ilarità generale dei colleghi che lo sbeffeggiano, trovando insensata la pedanteria con la quale Alphonse indugia su dettagli ritenuti insignificanti. Ma Bertillon, forte della propria convinzione, non si scoraggia e ben presto illustra le proprie idee in una relazione che sottopone all’attenzione del Prefetto Andrieux. Per lungo tempo non riceve alcuna risposta.
Ma Bertillon persevera, sostenuto dallo spirito di rivalsa verso chi lo deride. A differenza delle sue esperienze precedenti, il giovane Alphonse non interrompe i suoi studi, che anzi integra con le misurazioni che personalmente rileva sui detenuti. E’ solo dopo l’invio di una seconda relazione che il prefetto Andrieux finalmente lo convoca e così lo accoglie: “Bertillon? Scritturale di ventesimo grado, credo, in servizio da otto mesi? E vuole già avere delle idee?… La sua relazione sembra un cattivo scherzo…”. L’incontro, malamente iniziato, finisce ancor peggio: Bertillon, incapace di esprimersi appropriatamente, si produce in un groviglio di frasi senza senso che fanno innervosire il suo interlocutore a tal punto da essere cacciato dalla stanza. Non solo. Andrieux ammonisce il padre di Bertillon perchè il figlio non osi ripresentare richieste di tal genere, pena il licenziamento. A Louis Bertillon non rimane che convocare il giovane per chiedergli conto di quello che ha combinato ma, una volta esaminati i suoi manoscritti, con vivo stupore, comprende la genialità delle teorie elaborate da Alphonse, intendendone immediatamente il valore che avrebbero potuto avere per le future indagini di polizia.
Il metodo ideato da Bertillon si fonda su due principi: lo scheletro umano non si modifica dopo il ventunesimo anno di età e ogni scheletro è diverso da individuo a individuo. Così, identificate 14 quattordici misurazioni – altezza, lunghezza dei piedi, mano, orecchio, avambraccio, canna nasale, distanza degli occhi, etc. – su qualsiasi soggetto, c’è solo una possibilità su 286 milioni che le stesse misurazioni si trovino in un altro individuo.
Da quel momento Louis si impegna in ogni modo possibile perchè il prefetto Andriuex torni sui suoi passi ma neppure le sue influenti conoscenze politiche valgono allo scopo. Ad Alphonse non resta che attendere l’arrivo di un nuovo prefetto.
E il nuovo prefetto arriva. È il 1881 e si chiama Jean Camecasse. Come il suo predecessore è un politico per nulla interessato ai problemi dell’identificazione ma, questa volta, l’influenza di Bertillon padre sortisce il risultato sperato: pur di togliersi dai piedi i Bertillon, nella certezza che il progetto sarebbe miseramente fallito, il prefetto concede ad Alphonse di introdurre il suo metodo, a mero titolo sperimentale, per un periodo di tre mesi.
Bertillon riprende il suo lavoro in modo febbrile, accumulando schede su schede piene di rilievi antropometrici. Ora servono casi concreti che sanciscano la validità del suo metodo!
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La prima identificazione avviene il 20 febbraio 1883
Quasi a fine giornata Bertillon s’imbatte nell’ennesimo “Dupont” da schedare. L’uomo rientra fra i soggetti con misure “medie” e nella relativa sezione del suo copioso schedario Bertillon rintraccia le medesime misure in un uomo di nome Martin, arrestato il 15 dicembre 1882 per furto. Stretto dall’evidenza l’uomo confessa la sua vera identità. Dupont è Martin e Bertillon ha così identificato un “cavallo di ritorno”, un recidivo. Nei giorni successivi il caso Dupont-Martin viene divulgato dai giornali ma senza riscuotere particolare interesse. Tuttavia questo risultato vale a convincere il prefetto Camecasse dei possibili vantaggi politici del lavoro di Bertillon e concede una proroga della sperimentazione a tempo indeterminato.
I risultati di Bertillon arrivano infatti in un momento storico in cui i recidivi rappresentano la metà della popolazione carceraria francese, ed il problema è tanto importante da condurre alla promulgazione, nel 1885, della legge sulla retrocessione che istituisce il confinamento perpetuo dei recidivi nei territori delle colonie francesi.
Con i risultati cresce la credibilità e con essa la fama di Bertillon. I pregiudicati identificati attraverso le misurazioni antropometriche diventano centinaia ed il suo metodo non può rimanere circoscritto agli uffici della Sûreté.
Progressivamente il sistema viene diffuso anche nelle province francesi. In tutti gli istituti penitenziari sono predisposte idonee attrezzature – tavolo, sgabello, metro, compasso – per le rilevazioni antropometriche sui detenuti in ingresso. Le schede di segnalazione, che vengono scambiate tra i servizi, sono progressivamente inserite nel Bollettino della Polizia Criminale predisposto dalla Sicurezza Generale.
Il 1 ottobre 1888 Bertillon è nominato direttore del Servizio identificazione della polizia e il giorno seguente sui giornali di Parigi compare una nuova parola: il bertillonage.
Ben presto anche lo studio fotografico della polizia entra a far parte del Servizio di Bertillon fra le proteste dei fotografi che sono costretti a eseguire 2 fotografie: una di fronte ed una di profilo.

Ma la fotografia non è ancora riconosciuta tanto efficace da poter sostituire la forza delle parole e Bertillon lavora alacremente alla definizione ed alla diffusione del portrait parlè: una descrizione in parole del criminale che deve essere puntuale ed efficace per consentire agli investigatori di poter disporre un’immagine precisa di ogni delinquente.
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Il caso Ravachol
Il sistema Bertillon, con le sue misurazioni, l’uso della fotografia “volto/profilo”, il “ritratto parlato”, la descrizione di elementi peculiari, raggiunge l’apice del successo con il caso Ravachol.
L’11 marzo 1892 una violenta esplosione investe il numero 136 di Boulevard Saint Germain. Nella casa abita il presidente del Tribunale Benoit e il movente anarchico dell’esplosione è presto individuato. Benoit è infatti il giudice che ha presieduto un processo contro un gruppo di esponenti del movimento anarchico che in quel periodo imperversa in diversi paesi europei, Italia compresa.
Per alcuni giorni le indagini non portano a risultati di sorta. Il 16 marzo, grazie alle indicazioni di un infiltrato, viene arrestato il prof. Chaumartin, insegnante in una scuola di Saint Denis e noto predicatore dell’avvento della “giustizia sociale”. L’uomo non regge a lungo alla pressione dell’interrogatorio, dichiarando il proprio coinvolgimento nell’attentato ma identificando l’esecutore materiale in Leon Leger, alias Ravachol. Chaumartin fornisce un’accurata descrizione di Leger/Ravachol. L’identikit è diffuso in tutta la città e su tutti i giornali. Ciò nonostante, i giorni passano senza risultato mentre a Parigi sale l’inquietudine.
La polizia segue diverse piste ed è quella di Saint Etienne a rivelarsi decisiva. Nella zona ha vissuto un uomo noto come Ravachol, ma dietro questo nome si cela Francois Koenigstein, un brutale rapinatore assassino ancora latitante. Con l’aumentare delle identità possibili la faccenda va complicandosi: Leger/Ravachol/Koenigstein possono essere la medesima persona o si tratta di individui diversi?
La svolta arriva quando viene consultato lo schedario di Saint Etienne dove il bertillonage era stato introdotto già da tempo. Nel 1889 Koenigstein è stato arrestato per furto e i suoi dati antropometrici sono così nella disponibilità di Bertillon. Ma mentre le indagini proseguono, il 27 marzo un altro attentato dinamitardo colpisce l’abitazione in Rue de Clichy del procuratore Bulot, anch’egli coinvolto nel processo contro gli anarchici. Una nuova ondata di terrore pervade la città. L’allerta è massima e il 30 marzo un barista segnala alla polizia la presenza nel proprio locale di un uomo che ha proferito frasi chiaramente indicative della sua fede anarchica. L’uomo è subito catturato e portato da Bertillon perchè proceda ai rilievi identificativi. L’uomo si oppone tenacemente ma quando si quieta Bertillon ottiene misure identiche a quelle presenti nella scheda di Koenigstein e l’uomo è rinviato a processo per gli attentati di Boulevard Saint Germaine e di rue de Clichy. Il 27 aprile, a pochi giorni dall’avvio del dibattimento, un’ennesima bomba scuote Parigi: ne risulta distrutto il bar dove Koenigstein/Ravachol è stato arrestato ed il barista che lo ha segnalato rimane ucciso.
Una pesante atmosfera intimidatoria cala così sui giudici parigini, spaventati da tanta violenza. Tuttavia, il presidente del tribunale, proveniente da Lione, dimostra di non essere affatto impressionato dalle minacce e prosegue il processo con piglio deciso. Di fronte alla fermezza del giudice l’imputato crolla e confessa la doppia identità. Le misurazioni di Bertillon non hanno fallito e Koenigstein/Ravachol è condannato a morte.
Il successo ottenuto grazie al metodo di Bertillon è la notizia del momento anche oltre i confini francesi, e il bertillonage diventa così un metodo irrinunciabile per gli organi investigativi di molti paesi al mondo.
Bertillon, può così finalmente godere del trionfo delle proprie idee, ripagato per le tante amarezze ed umiliazioni che negli anni ha dovuto subire per poter affermare le proprie convinzioni.
Ma ciò che ancora non sa è che, in alcuni paesi lontani dalla Francia, nuove esperienze e nuove ricerche stanno dimostrando l’utilità di un aspetto identificativo destinato ad avere un valore cruciale per l’investigazione giudiziaria e che Bertillon sarà sempre restio ad accettare: le impronte digitali.
Ma di questo vi racconteremo nel prossimo articolo.
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